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Il lago ha scavato un’insenatura
breve e angusta tra pietre tondeggianti
che delimitano una lingua d’acqua
celeste, profonda e cristallina
in una piccola spiaggia sassosa.
I grandi rami di un bosco scosceso
si allargano e inchinano a dare ombra
a cespi spinosi di rosa canina
invasi da campanule bianche.
Lì mi portava mio padre remando
su una leggera imbarcazione azzurra
per mostrarmi quel luogo fuor dal tempo
dove sentir lo spirito del lago
in una letizia fatta di niente.
Anni dopo, in un meriggio di festa,
sono tornato alla spiaggetta ascosa
portando sulla barca una ragazza
da pochi giorni appena conosciuta
Tutto era rimasto nel tempo uguale:
il rovo col convolvolo invadente,
il cobalto di quel cielo profondo,
l’acqua tersa fino alla trasparenza,
le farfalle che chiudevano le ali
posandosi leggere sui petali
nella bellezza effimera dell’estate
e al canto del cuculo solitario..
Lei aveva belle spalle tornite,
pelle bruna per il sole d’agosto,
neri i capelli e gli occhi acquamarina.
Vi fu solo un bacio ch’era già un addio
con lei che stava già per ripartire,
poi, dolcemente, un ritorno sereno
con lucidi fiocchi di bianca spuma
sulla prua della barca e alle pale
rosse dei remi in moto tra le onde.
E ora mi chiedo se quella spiaggia
sia ancora là, celata dal mio lago,
con tutti quei ricordi che racchiude.
da
Emilio Montorfano - (Milano)
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