- fotografia panoramica: Franco A. Cavalleri -

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giovedì 24 luglio 2008

Acqua di lago


Acqua di lago,
pensiero mai sfiorato,
negli occhi avevo il mare
e il cielo azzurro,
lunghe spiagge
ed onde spumeggianti,
compagne dei vent’anni
ormai lontani.

Guardo stasera
colori sconosciuti,
il lago è così bello
all’imbrunire!
Così tranquillo e soave e muto.
Da troppi anni ormai
lo amo anch’io
ma so da sempre
che non sarà mai mio.

da Elisa Barone - (Como)
(poesia tratta dalla silloge “ Farfalla”, pubblicata nel 2002)
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mercoledì 16 luglio 2008

Fantasie notturne sul castello di Vezio

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(visita il sito del Castello di Vezio )
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L'afrore del Lario in tempesta
avvolge l'antico maniero
su spalti sbrecciati
s'aggira tra nidi di falchi
ombra velata di dama
con manto ornato di ghiaccio,
piangente ancora lo chiama
l'amante inghiottito dal lago,
sospira un ultimo abbraccio,
s'infrange onda irruenta sul molo
risponde al sofferto lamento.

da Piero Pizzi - (Lecco)
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sabato 5 luglio 2008

Se potessi descriverti il lago...

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fotografia: Claudio Tonsi
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Se potessi descriverti il lago
che vedo se chiudo gli occhi…
se potessi parlarti di lui,
centro dei miei pensieri d’adesso…
specchio dell’anima mia.
Le sue acque
costanti e quiete
paiono immerse in un dormiveglia
dolce e perenne.
E’ avvolto in un aurora incantata
immobile lo
nasconde al mondo
e non ne lascia intravedere
i contorni
così che appaiono
lontani, sbiaditi,
come un ricordo sfuocato dal tempo.
Ma le sue acque al contrario
sono nitide e chiare
come il cielo d’estate,
nitide e chiare…
tranquille,
annullano in me
ogni altro pensiero
ogni altro desiderio
che non sia quello
di chiudere gli occhi
per navigarlo ...e nel silenzio
continuare a sognarlo.

da Rosaria Formisano - (Lucca)
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martedì 1 luglio 2008

Il borgo sul lago

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Un buon pezzo di vita
ho trascorso con te,
caro borgo lacustre,
dolce, quieto paese
dei miei anni infantili.
TORNO, io spesso mi chiedo
come adesso tu sia,
mentre ho ancora nel cuore
quelle strette stradine
di gradoni di pietre,
dove il mulo a fatica
trascinava in salita
la slitta dai pattini
di legno unto di grasso.
Come saran mai ora
il giardino dei giochi
del tempo dell’infanzia,
le rose bianche e rosse,
che mio nonno curava,
e il grande pergolato
di glicini turchesi
e i lillà e le viole
e il lauro aulente
proprio là, sullo sfondo
del mio bel San Giovanni?
Chi s’affaccerà adesso
al balcone di casa,
là dov’era mia madre
quando stava in attesa
che tornassi da scuola
e dal quale scorgevo
un gran pezzo di lago
oltre le verdi piante
digradanti alla riva?
Gli anni che son passati
spero t’abbian lasciato
uguale ai miei ricordi,
ma io vorrei sapere
che n’è dei miei compagni
dei trastulli puerili
o dei banchi di scuola,
dai quali scoprivamo
con gli occhi innocenti
d’intorno un mondo nuovo
tanto bello e attraente
che soltanto esisteva
nel candore infantile
dei nostri anni più verdi.
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da Emilio Montorfano - (Milano)
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