lontano d’un tempo
andato
è tanto in me sempre
vivo
che talora mi
rivedo
di quando in certe
mattine
spingevo la barca a
remi
sull’acqua quieta del
lago,
scivolando
sull’azzurro
che rispecchiava un
cielo.
sereno e con poche
nubi.
Poi, lontano dalla riva,
in quel caldo
mattinale
della pienezza
d’estate,
restavo a farmi
cullare
dal fiottare delle onde,
mentre volgevo lo
sguardo
alle casette di
pietra
con le loro imposte
verdi
e i tetti a tegole brune
e all’antico
campanile
del paesello
sereno.
Solo, in quella dolce
vita,
nell’aria calda e
nell’acqua,
abbandonavo i
pensieri
e le
preoccupazioni,
sentendomi solo un
figlio
di quello splendido
mondo
dall’azzurro
luminoso
del puro cielo
sereno,
di quel verde un poco
cupo
della corona dei
monti
con scuri dossi
boscosi.
Ninnato
dall’oscillare
della mia barca sull’onde,
ascoltavo quel
remoto
ininterrotto
richiamo
che fa il cuculo in
amore,
nascosto tra i folti
rami
dei maestosi
castagni
che riparano dal
sole
quell’umida terra
scura
madre di vite
selvagge.
Ricordo come alla
prima
lieve folata di
vento,
venuta a increspare le
onde,
ritornavo al verde approdo
della riva erbosa
orlata
del levigato
pietrame
col quale gioca la
schiuma
che senza sosta
risuona.
E ricordo come il
tempo,
al mio ritorno alla
riva,
sembrava quasi
fermarsi,
mentre guardavo
intorno,
seduto su un vecchio
tronco
al limitare del
bosco.
da Enrico Montorfano - (Milano)
.
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